giovedì 28 aprile 2011

Aqua di Kitaro




Fermarsi a dissetarsi con le note della poesia del grande compositore giapponese Kitaro da qualche settimana suscita sensazioni contrastanti. 
Quanto il genere umano sia capace di creare e distruggere non rappresenta certo una riflessione originale. Ma questa consapevolezza non è capace lo stesso di limitare lo spaesamento per lo spettacolo indegno cui siamo costretti ad assistere, inscindibilmente come spettatori e attori, dalla notte dei tempi. E oltre agli impolverati titoli quali fame, guerre, soprusi, inquinamento, da qualche decennio possiamo pregiarci anche di poter cominciare a ricordare le date dei vari disastri nucleari.
Per un motivo o per l'altro, per colpa di questo o di quello, a causa di un fattore inaspettato o ben conosciuto, con tutti i se e i ma che possiamo trovare e che la nostra fantasia ci aiuta a immaginare... resta il fatto che oggi solo il pronunciare il nome Chernobyl o Fukushima, e il fantasma dei possibili effetti nel lungo termine ancora non ben compresi, provoca a dir poco terrore. 
Così dinanzi allo stridente contrasto con l'ispirazione, la magia e l'armonia a cui donne e uomini sanno così spesso dar vita, come nella musica per esempio, si fa avanti l'imbarazzante pensiero che in fondo stiamo ancora fallendo e che la speranza sarà quella di investire perché ai giovanissimi e ai futuri nati venga data la possibilità di sedersi di fronte a un fiore e ammirarlo a bocca aperta, magari anche senza strapparlo, oppure di poggiare la mano sul tronco di un albero e a occhi chiusi "sentire" dietro la sua corteccia un essere vivo che ci parla.
... il sogno di una vera felicità che non possiamo perderci senza nemmeno provare a realizzare anche noi...